Il Note 7. Un Phablet pericoloso che ha segnato uno scandalo che verrà ricordato come uno dei tanti simboli del 2016, un anno coperto da esplosioni tecnologiche. Un team di esperti esterni alla Samsung ha ora controllato la terribile “arma” capace di telefonare e incendiare: quali sono le cause delle esplosioni?

La causa principale: la pressione. Al giorno d’oggi la corsa al cellulare o Phablet più sottile è ancora nel suo impeto più forte. Quel che ha fatto la Samsung perciò è stato creare un “effetto sandwich” fra la batteria e la scocca integrale, pressandola così tanto che alla fine gli elementi chimici interni divisi dalla sottile membrana delle celle si sono mescolati: questo crea naturalmente l’aumento esponenziale di temperatura nel quale in genere risulta in una fiammella molto intensa. Nel caso del Note 7 però questo risulta anche in una piccola esplosione perché il contenuto è tenuto insieme da una scocca integrale molto ben assicurata.

La causa secondaria: la povera dissipazione. In un certo senso torniamo al discorso di prima: la Samsung ha tentato di rendere il Note 7 il più sottile possibile e nel farlo ha sacrificato la dissipazione dei componenti. Questa serve per rilasciare il calore sviluppato dal processore e dai suoi componenti. Si parla d’una distanza per ogni componente di meno di 0,1mm, una vera “stretta” che impedisce al calore d’uscire o disperdersi dall’apparecchio. Questo provoca a sua volta un espansione della batteria, che quindi ci riporta alla causa principale.

La soluzione finora attuata dalla Samsung è stata graduale, con prima un richiamo del prodotto seguito da poi un limitazione del livello di ricarica ( 80% ) fino a poi alla disattivazione completa della possibilità di ricaricare il Phablet. Era possibile inserire una batteria più piccola? Probabilmente sì, ma vista l’ormai decisa composizione dell’apparecchio, questa poteva risultare in altri problemi. Così, alla fine, il Note 7 è stato portato via per una lenta estinzione…