Rispetto a pochi anni fa, sia le fonti sia le possibili destinazioni dei file video di ogni genere sono aumentate sensibilmente in quantità e varietà. Telecamere e macchine fotografiche con formati più o meno personalizzati, smartphone e tablet con o senza processori grafici avanzati e supporto per Flash, diffusione su Web HTML5: queste sono solo alcune variabili da considerare quando si ha a che fare o si vuole produrre video digitale di qualità, o anche solo conservarlo in maniera decente, ovvero renderlo facilmente riutilizzabile. Il problema non riguarda solo professionisti del cinema o del Web, ma chiunque voglia tenere in ordine tutti i video di famiglia, da quelli dei nonni ai recenti videoclip registrati col telefonino, magari per pubblicarne le parti migliori su YouTube o Facebook.
La procedura generale da seguire per conservare, valorizzare o modificare i contenuti video si chiama editing non lineare. Di seguito vediamo brevemente di cosa si tratta e quali sono le cose più importanti da conoscere per farlo da soli.
Da “forbici a nastro” al “copia e incolla” con il mouse, il termine inglese editing indica tutte le operazioni di selezione, riordinamento di qualsiasi genere, dai semplici testi fino appunto ai filmati, per renderli più fruibili. In ambito video si è iniziato a parlare di editing non lineare circa vent’anni fa, per distinguerlo da come lo si faceva prima dei computer. Quando i filmati erano solo su nastro, combinarli e riarrangiarne le scene significava, letteralmente, tagliarle e rimontarle con forbici o taglierine e nastro adesivo, per comporre un nuovo nastro. Oppure effettuare le azioni equivalenti con una coppia di registratori VHS. In entrambi i casi la procedura poteva essere solo lineare, ovvero funzionare in un solo senso, una nuova scena alla volta, dall’inizio alla fine del nuovo nastro. Accorgersi di aver dimenticato qualche scena, o voler modificare l’ordine di quelle già aggiunte, significava dover ricominciare da capo o quasi. L’editing lineare implicava anche la “distruzione” dei nastri originali, o almeno l’uso di loro copie già più o meno degradate in partenza, perché analogiche.
L’arrivo di computer potenti per l’elaborazione video ha mandato completamente in soffitta quel mondo. Non tanto per il cambio di strumenti, cioè per il passaggio da forbici a mouse, ma per due caratteristiche di fondo, semplicemente inconcepibili in un mondo analogico. La prima è la possibilità di muoversi avanti e indietro (non linearmente, appunto) lungo sequenze di immagini già montate in qualsiasi momento del lavoro, senza perdere tempo o ricominciare da capo. L’altra è la tranquillità di lavorare solo su copie digitali di materiali originali altrettanto digitali, quindi senza alcuna degradazione.
Compressione spaziale o temporale?
Tutte e due, basta conoscerle. Tutta questa flessibilità ha un prezzo che, oggi, chiunque abbia intenzione di fare montaggio video a qualsiasi livello deve pagare: conoscere almeno i concetti di base e i limiti dei formati video digitali. Tanto per cominciare, molti di quelli che chiamiamo formati video non sono affatto formati completi, ma semplici contenitori di altri oggetti. Un “file” AVI oppure Ogg/Theora, per esempio, non è altro che un pacchetto per maneggiare in maniera conveniente diversi flussi audio e video, sincronizzati e concettualmente collegati fra loro, ma completamente indipendenti da un punto di vista tecnico. Lo stesso discorso vale per i metadati. Nei Dvd commerciali, per esempio, si trovano regolarmente versioni audio in più lingue, con o senza sottotitoli, e in alctmi casi anche più versioni da angolature diverse, di ogni singola scena. Oltre a questo c’è un fatto che, a parità di contenitore esterno, ogni singolo flusso audio o video potrebbe essere in più di un formato. È per questo motivo che singoli ‘file’ con la stessa estensione “video” potrebbero essere di qualità molto diversa fra loro, oppure non essere tutti riproducibili o modificabili con lo stesso software. Per evitare sorprese, quindi, chi pubblica video di qualsiasi genere dovrebbe in teoria dichiarare esplicitamente anche il formato di tutte le tracce che i suoi “file” video contengono. Il quadro si complica ulteriormente considerando che in ambito video bisogna sempre distinguere fra editing vero e proprio, soprattutto oggi che è non lineare, e pubblicazione o conservazione del risultato. Le due attività infatti hanno alcune esigenze diametralmente opposte, che si riflettono direttamente nell’esistenza di tanti formati e algoritmi codificatori/decodificatori (in gergo codec), ottimizzati solo per l’uno o per l’altro scopo. I codec pensati per distribuire video su supporti fisici di dimensioni (relativamente) limitate, o peggio ancora via Internet, tendono tutti a minimizzare le dimensioni dei due, senza ridurre troppo la qualità delle immagini. Questi algoritmi, chiamati anche di compressione Inter-frame, dividono i fotogrammi o trame di un video in tre classi. I fotogrammi chiave (key-frame) che fanno da riferimento per tutti gii altri, sono immagini complete. Quelli chiamati B-frame, invece, hanno dimensioni molto più ridotte perché (semplificando) contengono soltanto le differenze rispetto al fotogramma precedente. Va da sè che meno keyframe ci sono in un flusso video, minori saranno le sue dimensioni totali (e il tempo per trasmetterlo via Internet) e maggiore il carico di lavoro per il processore incaricato di ricostruire su schermo quello stesso video: ogni fotogramma infatti, sarà il risultato di un calcolo fatto sull’ultimo keyframe trasmesso prima di esso e su tutti quelli intermedi. Questo è anche il motivo per cui i formati compressi temporalmente sono scomodi, per non dire proprio controindicati, in fase di editing. Ricostruire ogni singolo fotogramma a partire dai cento precedenti può andar bene quando lo si deve solo inviare a uno schermo e poi passare al successivo; modificarlo, invece, significa anche ricalcolare i cento seguenti, portando a una quantità di calcolo tale da poter causare perdita o alterazione di immagini, blocchi del programma di editing o altre corruzioni del flusso video. In questo tipo di lavoro, invece, bisogna avere la massima libertà di modificare ogni singolo fotogramma, indipendentemente dagli altri, in qualsiasi ordine e senza errori. A questa esigenza rispondono i codec che effettuano compressione solo spaziale, detti anche intra-frame. In questi formati ogni fotogramma può ancora essere compresso o meno. In entrambi i casi però è indipendente da tutti gli altri, quindi lo si può estrarre dal flusso, modificare in qualsiasi maniera e “rimetterlo” a posto col minore sforzo possibile. Il tutto al prezzo di una dimensione dei file molto maggiore, a parità di durata dei video. In pratica, a questa categoria appartengono (fra gli altri) i formati MPEG, Jpeg. Fra i formati compressi temporalmente più noti troviamo invece l’Open Source Ogg Theora, DivX, WMV e Mpeg2 dei normali Dvd.
Riassumendo, l’editing non lineare si basa prima dì tutto sulla compressione dei formati usati, che tenga conto anche dei dispositivi con cui i vari video dovranno essere disponibili (la scelta migliore per uno smartphone, infatti, non è necessariamente quella per una Tv da salotto); e poi su una selezione rigorosa delle scene grezze da conservare o modificare, ognuna salvata in un file indipendente con regole di nomenclatura sempre uguali, per minimizzare e velocizzare tutto il lavoro successivo.
Questa lunga introduzione a formati e filosofia dell’editing video è che chiarirsi le idee prima di cominciare semplifica molto la vita, soprattutto quando si intende lavorare con software molto complesso.
Cinelerra, è inutile negarlo, è di gran lunga il più potente e flessibile fra gli editor video non lineari Open Source per Linux, ma proprio per questo è molto complicato. Si potrebbe dire che fin dagli inizi la sua filosofia di base è stata quella di rendere ben visibile tutta questa complessità anziché minimizzarla, per permettere ai volenterosi di fare proprio quello che vogliono.
Per chi invece cerca un software di video editing non lineare semplice e intuitivo (per Windows e Mac) consigliamo di provare Wondersoft Video Editor.