Se siete in cerca di un lavoro, di un finanziamento, o avete un appuntamento al buio, è probabile che gli interessati facciano una piccola ricerca su Google scrivendo il vostro nome. È importante conoscere i risultati: digitandolo nel motore di ricerca, quelli più importanti appariranno in prima pagina. In molti casi troverete link a pagine personali sui social media, con tanto di foto stravaganti. Non che sia un male, ma in alcuni casi gli effetti potrebbero essere deleteri.
Se tutto ciò appare spaventoso, potreste ritrovarvi ossessionati dall’idea di rimuovere la vostra identità da Internet, operazione che richiede un lungo lavoro e che, spesso, lascia dietro di sé delle tracce.
L’eliminazione delle informazioni pubblicate su blog e siti di notizie può avvenire solo contattando i responsabili e spiegando la propria situazione. Se questo non dovesse avvenire, e se i post sono conformi alle linee guida del sito, nemmeno Google potrà aiutarvi. Di recente una campagna sul diritto di essere dimenticati è finita alla Corte di giustizia europea, dove l’avvocato generale Niilo Jaakinen ha suggerito che Google non è responsabile della censura delle informazioni, in quanto “non è da considerarsi garante dei dati sensibili che appaiono sulle pagine web da esso elaborate”.
Dunque, qualsiasi riferimento a voi sia apparso in passato, rimarrà indelebile. Creare contenuti positivi,
che oscurino i negativi, rimane il modo più efficace per gestire la vostra identità.
Oppure, potete eliminare gli account Facebook, Twitter e LinkedIn, ma chiunque sia abbastanza determinato potrà sicuramente reperirne le tracce rimaste. Se intendete seriamente rimuovere la vostra identità dal web, visitate AccountKiller.com, che offre consigli dettagliati su una vasta gamma di siti, con link alle diverse procedure di
rimozione e disattivazione.
In ogni caso sappiamo che è meglio prevenire che curare. Se volete evitare di trovarvi in imbarazzo in futuro, è bene fare attenzione a come rappresentate voi stessi sui social media, ambienti apparentemente sicuri e privati, ma spesso con caratteristiche diametralmente opposte.
La prima regola da tenere a mente è pubblicare solo contenuti che tutti possono vedere, non soltanto gli amici più stretti. Infatti, la vostra cerchia di amici può ripubblicare i commenti, rendendo a tutti gli effetti pubblico il social media, per questo eliminare un commento spiacevole non ne garantisce la totale scomparsa. Per limitare la raccolta di informazioni da parte dei motori di ricerca è necessario controllare regolarmente le impostazioni sulla privacy dei diversi account. Su Facebook, cliccando l’icona dell’ingranaggio in alto a destra, selezionate Impostazioni sulla privacy e controllate che “Chi può vedere le mie cose?” sia impostato su Amici (o Amici più stretti, se avete creato una lista), piuttosto che su Pubblico. Nel pannello a sinistra troverete inoltre l’opzione “Diario e aggiunta di tag”, cliccate e ripetete l’operazione per “Chi può vedere le cose che sono sul mio diario?”. Anche Google+, Twitter e LinkedIn possiedono impostazioni simili: visitate le pagine e controllate che le informazioni non siano pubbliche se non volete che quel commento spinto, magari scritto dopo qualche drink di troppo, vi perseguiti per sempre.